Lo spinello rosso rubino del Badakhshan, che ha ingannato anche i gioiellieri delle corti reali
Non ce la fate più a reggere tutti quei rubini trattati termicamente (il 95%?) – seguiti o meno da raffreddamento controllato (rapido e/o lento) – termodiffusi, otturati con vetro, riempiti con vetro al piombo che non si capisce più se è il vetro a riempire il rubino o il rubino a riempire il vetro, senza parlare di tutte le controparti sintetiche la cui elencazione e descrizione riempirebbe il resto di questa pagina?
Non ce la fate proprio e anelereste tanto ad un qualcosa che di tali problemi ne abbia pochini (giusto un po’ di termo-trattamento or qua e or là) e facilmente individuabili ? Embè, fatevi uno spinello, allora. Non la “canna”, non cannabis indica, per l’amor del Cielo, ma un bell’ossido di magnesio ed alluminio (MgAl2O4) con quel tantinello di cromo (in traccia, invero) al posto dell’alluminio, quel tanto che gli conferisca quel bel “rosso rubino” capace d’ingannare anche i gemmari di corte, fino a cento e rotti anni fa.
E corti reali mica da poco, erano : indiane, persiane, russe, financo quella del Rule Britannia, per dire. Oh cosa non darei per esser stato lì presente il giorno in cui un qualche ciambellano dovette pur rivelare, alle Loro Altezze, che il Black Prince Ruby da 170 ct incastonato nella parte anteriore della corona imperiale (e tuttora colà in bella vista) e perfino il Timur Ruby da 361 ct, l’altro “rubino balascio” così caro ai reali britannici, non appartenevano punto alla varietà rossa (rubino) della specie mineralogica corindone, sistema cristallografico trigonale, otticamente birifrangente, bensì – orrore e raccapriccio – alla varietà rossa (rossa come il rubino, et voilà) della specie spinello, sistema cubico, monorifrangente.
E quell’esotico nome “balascio”?
Da Balascian ovvero Badakhshan, Afghanistan, luogo di loro primigenia provenienza. Ve lo ricordate -sì ? – il Badakhshan, Sar-e-Sang, le mitiche miniere che fornivano il lapislazzuli anche ai faraoni egizi, attive da 6.000 anni ? Lo ricordate, il leggendario Comandante Ahmad Shah Massoud, il “Leone del Panshir” della lotta vittoriosa agli invasori sovietici, assassinato a tradimento da Al Quaeda il 9 Settembre 2001? Ebbene, Massoud finanziava la sua guerra di resistenza ai golpisti- usurpatori Taliban di Kabul con il lapislazzuli, i rubini (quelli veri, stavolta) e gli smeraldi ( allora recentemente rinvenuti) del Badakhshan, il suo santuario. O non è un caso che anche dall’altra parte del Pamir, a Kuh-i-Lal, nel Badakhshan Tajiko, si trovino associati rubini e spinelli, quest’ultimi anche in pezzature da oltre 40 ct in vene di olivina entro depositi di marmo metamorfosato?
Se i luoghi non vi dovessero ispirare, troverete pur sempre lo spinello rosso, in combutta con i famosi rubini e zaffiri locali, nelle ghiaie alluvionali e nelle rocce calcaree cristalline dell’ormai mitica Vallata di Mogok e/o nella regione del Namya in Birmania ovvero Myanmar e, se vi affrettate,nell’area di Ipanko-Mahenge, in Tanzania.
Belli belli belli come i birmani, questi africani rossi vividi –rosso elettrico, dice qualcuno – scoperti nel 2007 in cristalli anche grossi, ma che si vanno, ahimè, via via rarefacendo. Non soddisfatti, potreste poi muovere agli storici giacimenti alluvionali dello Sri Lanka ove da millenni, sguazzando nelle acque di fiumi, torrenti e ruscelli, avreste la possibilità di raccogliere spinelli di tutte le colorazioni, ivi incluso quel formidabile blu cobalto tanto simile allo zaffiro. Non disdegnando quest’ultima tinta, recandovi in Viet-Nam, dalle parti di Luc Yen, senz’altro non rimarreste delusi. Qui, dal 1987, potreste metter le mani anche su spinelli rosso cupo, rosso arancione, arancione rossastro, rosa, viola, magenta, sempre che non vi faccia ribrezzo scoprire che si rinvengono in depositi primari di marmi calcarei metamorfosati , oltre che in depositi alluvionali (era così romantica e bucolica la visione d’antan dei cercatori immersi in acque fluenti fino al polpaccio che, con le loro batee setacciavano altrettanti romantici ruscelletti, nevvero? ).
Insomma, cerchiamo di capirci : lo spinello, alla pari del corindone, vanta un’impressionante varietà di colorazioni.
Oltre alle fatate “rosso sangue”, “rosso carminio” e rosso vermiglio”, ed a quelle già accennate, s’aggiungono tinte rosso violacee, lilla chiare, viola bluastre, brune e sinache nere, tutto dipendendo dai tipi di elementi in traccia presenti nel reticolo cristallino.
Lo spinello è un tipico prodotto di processi metamorfici e metasomatici in formazioni gneiss-granitiche, marmo-calcaree o serpentinitiche , e si trova, più spesso che no, compagno di merenda del corindone (rubino e zaffiro ). Con una durezza, sulla scala di Mohs, di 8 (corindone = 9) , una lucentezza vitrea ed un indice di rifrazione più che decenti (n= 1,718 contro l’1,762-1,770 del corindone), una densità δ = 3,58-3,61 g/cm3 contro un 4,00 g/cm3 del corindone, lo spinello ben si colloca tra le gemme rosse e blu alternative alle due di primo piano che han tenuto banco sinora.
Ah, dimenticavo: non dormiteci su. Negli ultimi cinque anni la domanda s’ è talmente impennata che i prezzi son saliti d’un 20% all’anno, vale a dire del 100%. Tanto per dire : lo spinello di colore rosso vivido, dal 2002, ha subito un incremento quantificabile in 10 volte tanto. La stessa pietra, nei 5 carati, l’anno scorso pedalava agli stessi livelli d’un rubino “sangue di piccione” della stessa stazza del 2008. Se tanto mi dà tanto..
Luigi Costantini
Per gentile concessione de L’ Orafo Italiano
Foto di Veronica Roccoli